Trump torna alla casa bianca: Verso un nuovo dietrofront ambientale?

La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti segna l’inizio di una fase delicata per le politiche energetiche e ambientali americane e, di riflesso, per il clima mondiale. A 78 anni, l’ex presidente è ora il primo nella storia americana a ricoprire due mandati non consecutivi dopo Stephen Grover Cleveland e il primo ad insediarsi con una condanna penale. Mentre il suo ritorno alla Casa Bianca è fissato per gennaio 2025, emergono già preoccupazioni significative sui futuri sviluppi per le energie rinnovabili e gli accordi sul clima.

Rinnovabili: Trump vuole stop all’IRA

Uno dei temi principali della campagna elettorale di Trump è stato proprio il ridimensionamento delle energie rinnovabili, un settore che aveva visto un’enorme crescita negli ultimi anni grazie all’Inflation Reduction Act (IRA) voluto dal presidente uscente Joe Biden. Tuttavia, Trump ha promesso che metterà fine a questo atto, iniziando con il blocco dei progetti eolici offshore “dal primo giorno” del suo mandato.

L’abrogazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) da parte di Trump potrebbe ridurre del 17% la crescita delle rinnovabili negli Stati Uniti tra il 2025 e il 2035, con l’eolico offshore che rischia un calo del 45%, essendo più soggetto alle normative federali. Tuttavia, Trump incontrerebbe ostacoli legali: l’Impoundment Control Act del 1974 vieta di sospendere i fondi stanziati dal Congresso per motivi ideologici. Questa legge, già violata da Trump nel trattenere aiuti all’Ucraina (evento che ha portato al suo primo impeachment), è ora un bersaglio del presidente eletto, che intende abolirla per facilitare il blocco dei finanziamenti all’IRA.

Accordo di Parigi a rischio con Trump

La vittoria di Trump solleva anche interrogativi sull’impegno degli Stati Uniti nell’accordo di Parigi sul clima, firmato nel 2015 per contrastare il riscaldamento globale limitandolo al di sotto dei 2°C. Durante il suo primo mandato, Trump aveva ritirato il Paese dall’accordo, sostenendo che fosse dannoso per l’economia statunitense e penalizzante rispetto ad altri Paesi, come la Cina e l’India, che hanno margini più ampi per continuare a emettere gas serra. Ora, con la sua rielezione, la comunità internazionale teme che gli Stati Uniti possano nuovamente voltare le spalle a questo impegno globale.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha espresso con chiarezza la sua preoccupazione, evidenziando quanto la partecipazione degli Stati Uniti sia fondamentale per la tenuta dell’accordo, paragonando l’eventuale uscita a una “perdita di un arto o di un organo” per l’intesa. La presenza degli Stati Uniti è infatti ritenuta strategica non solo per il peso del Paese nelle emissioni globali, ma anche per il suo ruolo di leader economico e tecnologico, che ispira e supporta altri Stati nelle loro azioni climatiche.

Le prospettive: tra ostacoli e incertezze

Sebbene il ritorno di Trump alla presidenza possa rallentare l’avanzamento delle energie rinnovabili e minacciare gli impegni climatici globali, non tutto dipenderà dalla sua amministrazione. I fondi già spesi e i progetti avviati sono difficili da fermare, e molti stati USA, particolarmente quelli con una forte presenza repubblicana, hanno beneficiato dell’IRA e potrebbero opporsi a un suo smantellamento.

Il ritorno di Trump rappresenta certamente una svolta nei piani climatici globali, ma le resistenze a livello legislativo, industriale e federale potrebbero mitigare le conseguenze più radicali.