Lo scorso 23 luglio è stata pubblicata sul sito della Camera dei Deputati la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi. Per una transizione agro-ecologica della zootecnia”. Questa è presentata da diverse associazioni ambientaliste e per la tutela della salute, tra cui Greenpeace Italia, ISDE-Medici per l’Ambiente, LIPU, Terra! e WWF Italia. L’iniziativa, che era stata depositata a Montecitorio già a febbraio, ha l’obiettivo ambizioso di superare il modello degli allevamenti intensivi, spingendo il settore agro-zootecnico verso una riconversione ecologica che mette al centro il benessere animale e la sostenibilità.
La proposta di legge si pone come obiettivo principale quello di ridurre l’impatto ambientale e sanitario degli allevamenti intensivi, incoraggiando la transizione verso un modello agro-ecologico. Centrale è il ruolo delle piccole aziende agricole, alle quali si vuole riconoscere un giusto prezzo per i loro prodotti, garantendo al contempo ai consumatori l’accesso a cibi sani e di qualità, in linea con i valori del Made in Italy.
Secondo i promotori, il cambiamento deve partire da un freno all’espansione dei maxi-allevamenti, specialmente in quelle zone già pesantemente colpite da un eccessivo carico zootecnico. Per facilitare la transizione, la legge prevede la creazione di un fondo dedicato al finanziamento di un piano di riconversione per le medie e grandi aziende, oltre a una moratoria immediata sull’apertura di nuovi allevamenti intensivi e sull’aumento del numero di animali in quelli esistenti.
Una proposta ambientalista con ampio sostegno politico
La proposta ha ricevuto il sostegno di diversi parlamentari, tra cui Eleonora Evi (Pd), segretaria di presidenza dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, e Vittoria Brambilla, presidente dello stesso intergruppo. Evi ha sottolineato l’urgenza di una discussione parlamentare sulla legge, vista come un’opportunità per dare una nuova prospettiva ecologica al settore agricolo italiano, riducendo al contempo il contributo del settore zootecnico alla crisi climatica.
Gli eventi climatici estremi, sempre più frequenti, rendono evidente la necessità di abbandonare i metodi intensivi in favore di una produzione alimentare più sostenibile. In autunno, le associazioni promotrici prevedono di organizzare nuove iniziative a sostegno della proposta di legge, coinvolgendo enti locali e comunità già colpite dalle conseguenze negative di questo sistema.
L’impatto ambientale e sociale degli allevamenti intensivi
Il sistema zootecnico italiano è responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali di ammoniaca, un inquinante che contribuisce significativamente alla formazione di polveri sottili, con gravi conseguenze per la salute pubblica. Ogni anno, oltre 600 milioni di animali sono allevati in maniera intensiva, richiedendo un uso massiccio di risorse, spesso sottratte al consumo umano diretto.
Questo sistema non solo ha un impatto devastante sull’ambiente, con effetti negativi sulla biodiversità e sull’eutrofizzazione delle acque, ma crea anche forti disuguaglianze economiche. L’80% dei fondi europei destinati all’agricoltura italiana finisce nelle mani del 20% dei beneficiari, favorendo le grandi aziende a discapito delle piccole.
L’urgenza di una riconversione del sistema agro-zootecnico è resa ancora più evidente dal mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali imposti dalla direttiva Nec, che impegna l’Italia a ridurre le emissioni di ammoniaca e di PM2,5, nonché dalla direttiva Nitrati e dalla direttiva quadro sulle Acque. Inoltre, la Strategia Farm to Fork e la Strategia per la Biodiversità 2030 dell’Unione Europea richiedono che i sistemi alimentari diventino sostenibili e operino entro i limiti ecologici del pianeta.