L’associazione Essere Animali, nell’ambito del progetto MenoPerPiù, ha realizzato un report che analizza i menù delle mense universitarie italiane con l’obiettivo di mappare gli atenei più green a tavola. Ciò che è emerso dal report è allarmante: in Italia una mensa universitaria su due non contempla secondi a base vegetale e soltanto il 20% delle strutture li propone 1-2 volte a settimana.
Piatti vegetali e ripercussioni sull’ambiente
L’analisi condotta nel 2023 da Essere Animali sull’offerta di piatti vegetali nei menu delle mense universitarie e sulla chiarezza comunicativa nei confronti dell’utenza si è posta l’obiettivo di mettere in evidenza gli atenei che si impegnano maggiormente a fronteggiare la crisi eco-climatica nel campo della ristorazione. Riuscire a spingere altre università a fare lo stesso costituirebbe un grosso successo per l’ambiente: il settore alimentare è infatti responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra.
Con l’aiuto del gruppo di ricerca Demetra, il rapporto ha permesso di calcolare che le portate a base di carne maggiormente presenti nei menù sono quelle che emettono più gas climalteranti. I costi ambientali di un secondo di carne o pesce, secondo questa ricerca, sono tra le 4 e le 10 volte superiori a quelli di un piatto equivalente a base di legumi.
I risultati del report: università toscane le più sostenibili
La ricerca ha interessato 58 menù riferiti a 49 atenei. Sono stati analizzati un menù autunno-inverno e un menù primavera-estate per ogni struttura, così da calcolare una media per ciascuna mensa, che costituisce il punteggio finale. La media di questi valori ha generato una classifica finale, divisa in cinque fasce. Nelle fasce verdi, ossia quelle con i punteggi più alti, si sono posizionate solamente 12 mense. Le università con le cucine maggiormente all’avanguardia sono Pisa (Praticelli), Pisa (Le Piagge) e Siena (Sant’Agata).
Complessivamente, invece, il 55% delle mense degli atenei analizzati non prevede secondi vegetale, mentre il 22% li propone solo 1-2 volte a settimana. Per quanto riguarda i primi piatti la situazione sembra migliorare: nel 62% delle strutture si trova sempre o quasi sempre almeno un primo vegetale. L’auspicio è che in futuro le mense universitarie aumentino il proprio impegno nella lotta contro il cambiamento climatico, seguendo l’esempio della Toscana e di altri Paesi europei come Regno Unito, Germania, Francia e Paesi Bassi.